Un vicentino sul Monte Remitta

Un vicentino sul Monte Remitta

Ronco Chiesa

Un vicentino sul Monte Remitta

Secondo un' antica leggenda, il nome del monte Remitta, l'ampio cocuzzolo situato tra il passo Brocon e la Cima Totoga, trae origine dal "remita" Simone, che su di esso abitò per cinquant' anni. 

Di solito si raccontava questa leggenda la sera dei Morti, perché, si diceva, nella notte dei Morti l'eremita teneva acceso sulla montagna un grande fuoco e donava una forma di cacio e una ricotta ai poveri della valle del Vanoi che lo andavano a trovare e pregavano con lui per i defunti. 

La descrizione che si faceva di quest' uomo solitario, dalla barba e dai capelli lunghi, coperto di pelli d' agnello, vissuto per tanti anni di seguito fra quelle rocce e questi abeti, suscitava grande interesse; ma molto piaceva anche udire la narrazione delle vicende per le quali si era trasferito su quel monte. 

Simone, figlio unico di una benestante famiglia vicentina, a vent'anni era rimasto orfano della madre e a ventidue del padre. Mentre la madre, una pia e caritatevole donna, che aveva cristianamente educato il figlio, era spirata nel nome del Signore, il padre, invece, non voleva confessarsi prima che cessasse di vivere, era riuscito a fargli cambiare idea, dopo un drammatico colloquio tra loro due soli. 

Ad un certo momento del colloquio, continua la leggenda, padre e figlio si sono dette, con ansia e con passione, queste frasi: "Tu, la mamma ed io ci siamo voluti tanto bene su questa terra, vuoi proprio che nell' altro mondo non ci ritroviamo e stiamo felici ancora insieme?". "Ma non capisci, Simone caro, che se mi confessassi perderesti molta parte delle nostre sostanze, perché me le sono procurate ingannando alcune persone e famiglie?. "Meglio che io perda tutto piuttosto che tu, papà, perda l'anima". 

E così, il padre, dopo indicate le persone e le famiglie a cui spettava la restituzione del maltolto ed essersi confessato e comunicato, era morto in pace con gli uomini e con Dio. 

Il figlio, superati il dolore e lo sconforto per la nuova grande perdita da cui era stato colpito, aveva subito provveduto a risarcire abbondantemente i danneggiati dal padre, con la cessione di terreni o case o mobili o denaro e con la promessa scritta che tutto sarebbe rimasto di loro proprietà, se entro cinque anni non fosse ritornato. 

Condotte a termine queste pratiche e portati due grandi mazzi di rose sulle tombe dei genitori, si era messo in viaggio verso Bassano, spingendosi avanti una trentina di pecore e capre. Da Bassano aveva proseguito per Primolano, Arsiè, lungo il corso del Cismon e del Vanoi. 

Giunto nella località oggi detta Polvari, ed avendo appreso che nella nostra vallata c' erano dei contadini e dei pastori bellicosi e di alta statura, era salito con i suoi animali verso le sorgenti del rumoroso rio V'allunga fino al Maset, e da qui, spostandosi a sinistra, fino a Valcorbelle e, poi, sulla cima del Remita. 

Questa località, ricca di pascoli e sgombra di pastori, gli era piaciuta. Vi si era perciò fermato, e si costruì un' abitazione, fatta di pietre e di legname, affondata per tre quarti nel terreno, nella quale poi dimorò per tutta la vita. 

Si nutriva, sempre secondo la leggenda, con erbe che trovava sul posto e con il latte e la carne ricavati dal suo gregge, che, nelle buone stagioni, mandava a pascolare sui piani dell' Arpago e nelle radure erbose di Valcorbelle; gregge che, durante l' inverno, scompariva dalla zona come per incanto. 

Oggi sopra quel boscoso cocuzzolo non si vedono più tracce dell' eremita Simone: forse le ultime furono cancellate nel 1916 dai soldati che costruirono le piazzole per i cannoni di una batteria contraerea.

 

Testo tratto da "La Valle del Vanoi" di Ferruccio Romagna